Giappone

Il giardino di Ryoan-ji, situato in uno dei più bei templi buddisti del Giappone, nella città di Kyoto, raccoglie uno dei migliori esempi d'arte suiseki. Se i bonsai, gli alberi in miniatura, hanno conosciuto già da un buon numero di anni una certa fama anche nel mondo occidentale, più sconosciuti sono invece i suiseki, sebbene siano strettamente imparentati con i bonsai da un punto di vista tecnico ed estetico.

Il giardino è una sorta di rettangolo di “mare” di sabbia bianca, su cui sono modellate le onde. A tratti, ci sono solo poche “isole” di rocce scure. Le pietre sono disposte in gruppi di cinque e, sebbene siano 15, da qualunque angolatura lo si guardi se ne vedono solo 14. L’ordine, che sembra quanto mai casuale, risponde invece a precisi criteri di equilibrio che rendono il giardino secco un capolavoro di grazia e di armonia. Per quanto sia difficile cogliere il mistero e il difficile significato dell’estetica Zen, e per noi occidentali sia quanto mai complicato considerare questa un’opera d’arte, è incredibile il fatto che il solo osservare il giardino, nella sua incredibile semplicità, riesca a rasserenarci, a illuderci di raggiungere l’agognato “senso di vuoto” che porta verso il cammino dell’Illuminazione.

I monaci zen si perdevano nella contemplazione del “paesaggio”, che doveva aiutarli nella loro lunga meditazione sull’io e sull’universo. Come lo Zen insegna, è attraverso le cose finite che si può comprendere l’infinito, ed è attraverso la mutevolezza delle cose che si può raggiungere la completa capacità di capire il Tutto. La contemplazione della roccia diventa così la contemplazione della montagna, e quella della montagna del mondo. Solo così l’essenza delle cose può essere capita fino in fondo, e diventare un tutt’uno con essa significa raggiungere lo stato di “illuminato”.